Maurizio Passerotti: viva la Romania!



Da pioniere dell’informatica a Console onorario della Romania. Ecco il racconto di come, questa sorta di Steve Jobs trentino, dopo essere diventato imprenditore di successo, ha costruito una grande amicizia con il popolo rumeno,
a cui ha dato e da cui ha ricevuto tantissimo.

Sicuramente aveva manifestato d’essere un tipo sveglio sin da ragazzo, Maurizio Passerotti, nato a Malé (dove la sua famiglia era sfollata) tre mesi prima che finisse la Seconda Guerra mondiale. È un cognome di origine toscana, di Arezzo quello dei Passerotti. Maurizio scese lungo il Noce e l’Adige, par approdare a Piedicastello, sotto il Doss Trento, prendendo a calci rattoppati palloni. Dopo aver assolto (1966) gli obblighi militari a Udine come ufficiale di complemento dell’artiglieria pesante semovente, Maurizio va a studiare matematica all’Università di Padova. All’epoca, nella facoltà di matematica c’erano tre indirizzi: didattica (rivolto a chi voleva insegnare), ricerca e applicativo elettronico. Del gruppo di amici trentini che si erano iscritti alla facoltà padovana di Matematica nessuno scelse il terzo indirizzo. Tranne Maurizio. Fu la scelta che ha fatto la fortuna della sua vita. Ma allora non lo poteva sapere nessuno, neanche lui che, laureatosi nel 1971, insegna in Alto Adige, in Trentino, diviene di ruolo, ha un posto fisso per il resto della sua vita. Ed ecco che dopo undici anni da insegnante, rinuncia al ruolo (una follia a detta di tutti o quasi), lascia la scuola e, a 37 anni, diventa imprenditore nell’allora pionieristico campo informatico, partendo praticamente da zero. Cosa è successo? È successo che Maurizio è un tipo sveglio, serio, intuitivo, una testa pensante… Sì, ma questa non è una novità, sin da ragazzo… D’accordo: diciamo che è arrivata l’occasione giusta e lui l’ha afferrata al volo.
Mentre insegnava Passerotti faceva dei piccoli lavori per suo cognato, Alberto Herthmaier che aveva una piccola azienda di macchine per ufficio, come ad esempio la “IME” che con solo 2 Kbyte di memoria riusciva ad informatizzatare uno studio commerciale. Nel frattempo, Fabio Rosa, compagno di scuola, era divenuto direttore della Cassa Rurale di Cadine, sobborgo di Trento in cui Passerotti andrà ad abitare nel 1988, acquistando casa. Era il dicembre 1982 quando Fabio telefonò a Maurizio. Era disperato: il calcolatore della banca, un Olivetti, si era guastato: poteva Mauro – come viene chiamato Maurizio da amici e famigliari – sviluppargli un programma per il calcolo di fine anno degli interessi dei clienti?
“Presi il mio piccolo Questar M della Honeywell e sviluppai quanto richiesto – racconta Passerotti – e lui poté accontentare i clienti. A gennaio, tramite Luigi Piffer, capocentro alla Cassa Rurale di Lavis, riuscimmo a sviluppare ex novo un sistema informativo per le macchine che avevamo. In media ogni sei mesi raddoppiava la potenza del sistema informatico. Così, in quattro, decidemmo di fondare la IBT, l’Informatica Bancaria Trentina: io, Alberto Hertmaier, Luigi Piffer e un amico di Bolzano, Silvano. A quel tempo, il sistema informatico bancario utilizzava macchine ingombranti, costosissime e utilizzabili solo da esperti. Il progetto di centralizzare tutto fallì. Il nostro progetto usava macchine dell’ultima generazione, piccole, maneggevoli e poche costose, sviluppando programmi che potevano finalmente essere utilizzati non da esperti ma da normali bancari…”
Maurizio Passerotti, che è estremamente cauto e modesto, non lo dice, ma si trattò di un’autentica “genialata”. E i risultati si videro presto. La IBT si estese nel Trentino e oggi, assieme ad altre due società controllate, conta più di 120 dipendenti e rappresenta il terzo polo informatico italiano nell’ambito delle Banche di Credito cooperativo. Poi l’espansione varcò il confine per arrivare in Romania.
Accadde che emissari della CEC (allora la più grande banca della Romania) arrivarono in Italia per studiare come informatizzare la loro banca. Appresero che a Trento c’era la IBT, una piccola ma molto apprezzata azienda. Così i rumeni arrivavano a Trento. La collaborazione va in porto: dal 1993 al 1996 Passerotti fa il pendolare con la Romania e l’IBT, assieme al Consorzio Nazionale per l’Informatica, partecipa con successo al primo progetto di informatizzazione delle agenzia della CEC. Nel 1998 l’Università di Oradea riconoscendo che questo progetto “ha contribuito in modo significativo allo sviluppo tecnologico della Romania” gli conferisce la laurea ad honorem in Scienze Manageriali e Marketing. È il primo di una serie di prestigiosi riconoscimenti, tra i quali la nomina a commendatore (2007) conferitagli dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e consegnatagli a Oradea, in Romania, dall’ambasciatore d’Italia in Romania, Daniele Mancini. Nel luglio del 2008 viene nominato Console Onorario di Romania per il Trentino Alto Adige durante una cerimonia nel Giardino del Castello del Buonconsiglio. Passerotti è uno dei quattro consoli onorari di Romania in Italia (gli altri tre sono Treviso, Genova e Napoli). E – anche se Maurizio modesto com’è non lo direbbe mai – il Consolato che ha sede a Trento è il più ricco di iniziative socio-culturali. Per essere esatti la sede del Consolato onorario è nello studio della casa di Maurizio: una villa circondata da tre ettari a prato e bosco, vigilata da due cani di grossa stazza, uno bianco e uno color mogano, Olav pastore maremmano di 9 anni e Maggi, meticcia di 2 anni. Poi ci sono Cook, mini pony di 13 anni e Birba, gatta di 16 anni. Nella villa vive anche la moglie Loredana Birotti, pensionata, e sono cresciute le due figlie, Stella di 38 anni, imprenditrice bio-tecnologa (è stata anche consigliera comunale e Trento), e Aurora (25 anni), segretaria di produzione.
Nel grande parco si fanno le feste all’aperto per gli amici rumeni, ma anche per i trentini. Il tutto può essere goduto al meglio anche da Maurizio, che dopo l’enorme lavoro di tutti questi anni, lo scorso anno è andato in pensione, a 69 anni. In pensione per modo di dire perché in effetti continua ad essere Console Onorario di Romania, anche se è in attesa di un successore. Un incarico difficile se si tiene presente che la Romania è un mosaico di 18 etnie a ognuna delle quali è riconosciuto un deputato e in Italia ci sono circa un milione e mezzo di rumeni (la comunità più numerosa) e nel Trentino Alto Adige ci sono quindicimila rumeni di tante etnie diverse. Stimolato dal riconoscimento della laurea ad honorem dell’Università di Oradea, capoluogo del Bihor, Passerotti, all’inizio del terzo millennio, si diede da fare per far nascere in quella regione della Transilvania, al confine con l’Ungheria, un’azienda tessile, divenendo imprenditore: un modo per sentirsi più integrato nella Romania, una terra di cui si era col tempo innamorato. Allo stesso tempo promuove e presiede un’Associazione che organizza i numerosi imprenditori italiani e anche trentini che nel Bihor si sono insediati. C’è da dire che la prima emigrazione organizzata di trentini che si conosca, che precedette di mezzo secolo quella in Brasile, data al 1821 (ai moti carbonari di Ciro Menotti, tanto per farci un’idea…). Questi imprenditori trentini come Passerotti, che si installano in Transilvania seguono l’esempio, a oltre un secolo e mezzo di distanza, dei loro avi che arrivarono soprattutto dalla Val di Fiemme. È una storia ricostruita nel libro Sulle ali di una rondine, di Marco Felicetti e Renzo Francescotti, di cui il nostro console onorario organizzò la presentazione a Roma, presso la prestigiosa Accademia di Romania, il 3 marzo 2003. L’anno dopo, a Oradea, Passerotti fece nascere il Centro Culturale Italiano, di cui assunse la presidenza. Da allora le manifestazioni socio-culturali organizzate dal nostro Console Onorario sono una catasta. Andando a volo d’uccello diciamo, ad esempio, che nel 2005 l’Istituto di Oradea organizzò un convegno sul tema attualissimo della criminalità organizzata italiana nel Sud-Est Europa, relatore e il trentino Paolo Sartori, attualmente distaccato presso l’Ambasciata Italiana di Bucarest. Della fine del 2006 e dell’inizio dell’anno seguente è una mostra par la cui organizzazione ci fu bisogno di tre anni. Passerotti era divenuto amico del direttore del Museo di Oradea, Aurel Chiriac, il quale gli aveva fatto scoprire il tesoro delle icone su vetro che il Museo custodisce: una mostra di queste singolari icone, per la prima e unica volta poté così arrivare in Italia, a Trento, al Museo Diocesano. Era successo che, nel 1500, venditori ambulanti tirolesi (in Tirolo, venuta dalla Baviera, era in uso la pittura su vetro) erano arrivati in Romania per vendere le loro immagini religiose dipinte su vetro, sul retro. Ma non erano riusciti a venderle perché le immagini erano cattoliche e non ortodosse. I rumeni non le comprarono, però si misero a dipingerle loro in enorme quantità, favoriti dal fatto che il vetro è molto più economico delle tavole di legno e quelle in vetro potevano quindi essere acquistate da tutti. Un’altra eccezionale mostra, anch’essa unica in Italia, nel gennaio di quest’anno (anch’essa frutto dell’amicizia tra Passerotti e Chiriac) è stata quella presso la Fondazione Caritro di Trento, dal titolo ”Tra normalità e orrore. Artisti plastici ebrei di Oradea e il dramma dell’olocausto”. Inoltre, alcuni prestigiosi artisti trentini, come il fotografo Flavio Faganello, il pittore Paolo Tait, l’artigiano-artista “Mastro 7”, grazie a Passerotti sono stati esportati e fatti conoscere in Romania, nel Bihor.
Ci sarebbe ancora tanto da scrivere. Concludo dicendo che nel maggio scorso, nel parco di Villa Passerotti a Cadine, è stato collocato (trapiantato dal lago di Garda) un olivo. Accanto è stata collocata una duplice targa che porta il testo in italiano e rumeno della poesia L’olivo di Renzo Francescotti, pubblicata in italiano nel 1972 nella raccolta Il grido imbavagliato, tradotta in rumeno nel 1995 da Teodor Capota e compresa nell’antologia di versi Treizeci de ani de versuri. A testimonianza e memoria della storia che ha accomunato e continua a farlo, la gente trentina e quella rumena.
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