Aboulkheir Breigheche: “Islam significa Pace”

Di fronte ai tragici fatti di Parigi, nemmeno la rivista più leggera e scanzonata può permettersi il lusso di non parlarne. Per questo anche Trentino Mese ha deciso di trovare il modo per parlare di questo scottante tema di attualità. E il modo è stato quello di andare a casa di Aboulkheir Breigheche, medico in pensione, imam del Trentino Alto Adige, nonché responsabile della locale Comunità islamica, con sede a Gardolo, in via Soprassasso 24.

Saliamo al sesto piano di questo condominio di Trento nord e veniamo accolti in maniera molto cordiale da un sorridente Breigheche e dalla signora Marim Abla.
Per cominciare cerchiamo di chiarire il termine “Imam”. “L’Imam o è volontario incaricato dalla dirigenza di ogni associazione, o svolge la sua funzione come impiegato. Deve avere una buona conoscenza della cultura religiosa, meglio se laureato in teologia e studi islamici, ma anche una buona conoscenza della realtà locale (lingua italiana compresa)”.
Quindi proponiamo una ricognizione sulle principali tappe della vita famigliare e professionale.
“Sono arrivato in Italia nel 1966, da Damasco, in Siria. A quei tempi, gli stranieri potevano studiare solo a Perugia. C’era un corso di lingua italiana obbligatoria”.
Come mai proprio in Italia e non in Francia o in Germania? “Destino. All’inizio volevo andare negli Stati Uniti o in Germania, ma erano richieste troppe formalità burocratiche. Il tempo passava e rischiavo di perdere l’anno accademico. Così un amico mi ha consigliato di venire in Italia”.
Passano i primi anni, poi Breigheche si trasferisce a Bologna, dove si laurea nel 1972, senza saltare nemmeno un appello. Rimane in contatto – a fatica – con la famiglia, cinque fratelli e due sorelle, con la quale tiene un rapporto epistolare.
Cinque anni di specializzazione a Parma e quindi Endocrinologia nuovamente a Perugia. Lavora e studia. Fa l’assistente a Macerata e il medico di famiglia in provincia di Ascoli Piceno.
Nel frattempo si sposa con Marim, conosciuta in Siria durante uno dei soggiorni in Patria.
Ecco allora il Trentino. Breigheche arriva nello studio di Mezzocorona nel 1976. In Trentino c’era una forte richiesta di medici di base. È uno dei medici più giovani e uno dei primissimi non italiani ad esercitare. La gente – ieri come oggi – è un po’ scettica. Fa fatica ad affidarsi ad uno straniero, tanto giovane perdippiù. Ma passa poco tempo per conquistarsi la fiducia dei pazienti rotaliani.
Anche i musulmani erano pochissimi all’epoca. “I primi tempi ci trovavamo a casa o da Shangri La di Adel Jabbar, in Via S. Francesco”.
La comunità vera e propria nasce nel 1990, parallelamente al boom dei flussi migratori. La guerra in Jugoslavia, la richiesta di manodopera, fanno lievitare velocemente i numeri.
“Fornivamo servizi agli immigrati come mediazione culturale, traduzioni; facevamo anche da centro d’ascolto”.
Passano gli anni e nel 2012, dopo 39 anni di servizio, il dottor Breigheche va in pensione e si dedica a tempo pieno ai cinque figli e alla comunità. Tante le iniziative. Ad esempio la scuola per insegnare la lingua d’origine alle seconde e terze generazioni che l’arabo non lo parlano quasi più (Trento ospita una sezione dell’associazione Giovani Musulmani d’Italia). “Sono italiani al cento per cento. Hanno sicuramente un rapporto affettivo con il Paese dei propri genitori, ma lì si sentono stranieri”.
E chi è rimasto nel mondo arabo che ha atteggiamento ha nei confronti di chi è emigrato? “Vivono con un certo fastidio la nostra integrazione. Ci considerano italiani e di questo si dispiacciono. Così stiamo tra due fuochi. Siamo stranieri qui e stranieri per i nostri connazionali…”
“Dall’11 settembre 2001 in poi c’è una certa preoccupazione per noi musulmani. La mia famiglia in Siria teme sempre che io sia odiato e in realtà non è così. Io sono rimasto me stesso eppure ho degli ottimi rapporti con gli italiani.”
Secondo Breigheche tra la cultura araba e quella cristiano-occidentale c’è molto più rispetto di quel che non si creda o si racconti nei principali media. Rispetto alla libertà di culto, ad esempio, ricorda la situazione che c’era nel Liceo di Damasco dove si è diplomato: “Il 99% degli studenti erano musulmani sunniti, il preside e tre insegnanti erano cristiani, cattolici e ortodossi, eppure la nostra vita era normale…”
Aboulkheir Breigheche ci racconta delle nefandezze compiute dagli Assad, padre e figlio; ci descrive le persecuzioni, le prevaricazioni e le limitazioni alla libertà. Oggi? “È un disastro. Gli scontri tra l’esercito pro Assad e i gruppi dei guerriglieri continuano a combattersi. La vita sociale è compromessa. Una minoranza del 5% – Assad e i suoi – tengono sotto scacco un intero popolo”.
E l’Isis? Come si colloca in questo contesto? “L’Isis è una formazione nata molto tardi rispetto alla rivolta siriana, dalla riorganizzazione di uomini di Saddam Hussein. Per la prima volta si è di fronte ad un progetto di uno stato islamico che non segue i confini tradizionali, ma è transnazionale. Ricordiamo che Saddam Hussein e Bashar Assad erano due nemici acerrimi”.
In pratica l’Isis sarebbe ciò che oggi rimane di Al Bath, il Partito a cui appartenevano i due leader arabi.
Tutto è cominciato all’improvviso: l’Isis ha occupato mezzo Iraq e poi è andata dritta contro Assad. E non è solo in Europa che l’Isis semina terrore. Ovunque vadano, i miliziani di Al Baghdadi, sono temuti. “Poveri ragazzi attirati da questo gruppo così potente. Anche occidentali affascinati da non si sa cosa a combattere sotto l’insegna di una bandiera nera. Non c’è una logica”.
Quello che accade condiziona certamente una più esatta comprensione della religione e della cultura islamica. “Purtroppo sì, ma la colpa non è solo di quello che sta succedendo. Anche i mezzi d’informazione hanno le loro responsabilità, distorcendo spesso le proporzioni degli eventi. Il 90% delle vittime del terrorismo nel mondo non hanno nulla a che fare con il terrorismo islamico. Eppure la percezione che si ha della situazione è un’altra…”
Ci ricorda la strage di Utoya del 2011, Breigheche. “L’oltranzista di destra Ander Behring Breivik che ha ucciso 77 persone non è un terrorista?” Lui lo definiscono pazzo. “E quelli dell’Isis cosa sono? Non sono pazzi? L’Islam è una religione di pace, di accoglienza e di apertura. È anche grazie all’Islam se oggi godiamo di questa civiltà”.
Le guerre non sono mai espressione vera di una religione, bensì di una mentalità deviata di quelle persone che pretendono di rappresentare la religione a modo loro. Nel Corano c’è scritto che “non vi è costrizione nella Fede”, eppure l’immagine che dell’Islam si ha è completamente opposta.
Parlando di fede, non trova che l’approccio alla religione sia completamente diverso tra l’Islam e le altre Fedi? I cattolici oramai sono dei laici travestiti, il cattolicesimo si va via via secolarizzando. L’Islam appare sempre più monolitico e inattaccabile. E forse è proprio questo che non lascia tranquillo l’Occidente. Come se la modernità non avesse avuto nessun effetto… “Ma l’Islam è la modernità!”
Ma cosa ci dice delle persecuzioni che i cristiani sono costretti a subire in tante parti del mondo? “Che quelle persecuzioni non sono colpa dell’Islam, ma di regimi deviati che opprimono tutti o strumentalizzano e mettono tutti contro tutti per poter rimanere in auge, per durare tanto a lungo devono pur dividere il popolo”.
Ma Boko Haram, allora? Non è espressione dell’Islam? “No, è espressione della mentalità deviata di quel determinato gruppo di persone. Ma perché non si parla mai delle persecuzioni che subiscono i musulmani? In Birmania, in Nigeria, in India… Si parla di Palmira, ma non delle tante antiche moschee distrutte.”
Aboulkheir Breigheche certamente non nega le tragedie perpetrate dall’Isis. È vero che esistono questi gruppi criminali che commettono crimini inauditi. Ma non c’è solo questo. Cosa dobbiamo dire ad esempio di cosa avviene ad un musulmano che abbia la sventura di trovarsi in Cina. Non se ne parla. Al centro del dibattito c’è solo lo “scontro di civiltà” paventato dopo l’11 settembre. C’è qualcuno che cerca di alimentare lo scontro. Leghisti compresi, chiediamo? “Quando qualcuno pretende di schedare i propri cittadini, riportando alla memoria il dramma del popolo ebreo…”
Ma ritorniamo a parlare di questioni teologiche. Parlando del dubbio ci torna alla mente Giacomo Leopardi quando diceva che “solo chi dubita è”. La dimensione del dubbio è dunque contemplata dalla fede islamica? “Se lei va ad intervistare una serie di musulmani, scoprirà che ognuno ha la sua idea, il suo modo di vivere la spiritualità. Naturalmente vi sono basi che ci accomunano, però c’è il musulmano più o meno laico, più o meno praticante. Il fatto è che l’islamismo ha una pratica più evidente: nei gesti, nelle liturgie, nelle osservanze, pensiamo al digiuno del ramadan…” Così continuando Breigheche ci parla della pratica della zakat, il terzo pilastro dell’Islam e fra i più importanti doveri religiosi, l’imposta o zakat è, in un certo modo, il debito verso Dio che il musulmano deve saldare per ciò che Egli gli ha dato: in questo modo ci si purifica (za-ka-ha) e si rende legale tutto quello che si possiede. Ogni musulmano deve donare il 2,5% del proprio patrimonio stabile ai bisognosi”.
La parola integrazione che senso ha per voi? “Io parlerei più di inter-azione”. Perché l’integrazione ha un doppio senso. Non siamo solo noi a doverci integrare, ma anche le culture che ci accolgono. E così avviene. Ad esempio, il cous-cous è diventato di normale consumo nell’alimentazione occidentale. Ma pensiamo anche ai matrimoni misti, ai nostri che fanno volontariato anche a beneficio di realtà occidentali, ecc.”.
Arriva la signora Marim con il caffè e un vassoio con la baklava, un tipico dessert siriano-turco ricco di zucchero (o miele) e frutta secca. Tanta dolcezza non ci impedisce di sfoderare una piccola provocazione in chiusura di intervista.
Dottor Breigheche, lei potrebbe andare tranquillamente nella Basilica di San Pietro, ma se noi volessimo andare alla Mecca o a Medina? “Sono territori sacri e per tradizione possono andarci solo i musulmani. Riguardo a S. Pietro vi sono punti in cui noi musulmani non possiamo entrare. Anche nei templi dell’Induismo è così”. Noi non ne siamo del tutto convinti.
Se una sua nipote o una sua figlia le dicessero che intendono sposare un cattolico lei come reagirebbe?
“Cercherei di spiegare il punto di vista islamico, ma non forzerei la decisione perché non si possono comandare i cuori e le menti delle persone”.
Come sono i trentini con gli stranieri? “È questione di conoscersi bene. C’è molto scetticismo all’inizio… Le speculazioni politiche non fanno che aggravare sempre di più tale scetticismo”. Breigheche loda molto il servizio Cinformi della Provincia autonoma di Trento. Tuttavia ci svela alcuni particolari sul progetto di un centro per la formazione degli Imam e delle guide religiose – maschi e femmine – presso la spaziosa sede dell’associazione Islamica Italiana degli Imam e delle Guide Religiose (di cui Breigheche è uno dei principali fondatori), sede già acquistata nel veronese.
“Lo scopo è quello di formare queste figure in Italia e non all’estero con un programma di studi adatto per l’impegno che si dovrà affrontare localmente in Italia, compresi argomenti come la Costituzione Italiana, ecc....”
Bene, i seminari chiudono e aprono le scuole coraniche. Le autorità ecclesiastiche sono avvisate? Non lo sappiamo, ma riflettendo su quanto ha appena detto ci riaffiora alla mente una frase scolpita sui libri storia: hic manebimus optime.
Salutandoci, Breigheche ci rivela che diversi trentini si sono convertiti alla fede musulmana. Lo afferma con soddisfazione, sottolineando il fatto che queste persone per ora preferiscono non palesarsi.
Ringraziamo per il caffè e la disponibilità e ci prepariamo a ridiscendere i sei piani del condominio. In quello stesso momento, mille chilometri più a nord, a Bruxelles, la città è blindata e sotto coprifuoco: qualcuno – evidentemente in nome di un “altro” Allah – sta tentando di compiere l’ennesima, assurda, disumana, inutile strage.
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